“Quando Pilato vide che non c'era più niente da fare e che stava per
scoppiare un tumulto, si fece portare una bacinella d'acqua e si lavò le mani
davanti alla folla, dicendo: - Io non c'entro con la morte di quest'uomo
giusto. Pensateci voi” (Mt 27, 24)
Quel gesto del lavarsi le mani arriva fino a noi con la sua carica
distruttrice di negatività, di paura, di vigliaccheria, di codardia.
Pilato è in ciascuno di noi quando davanti alla verità
decidiamo di non lottare affinché questa venga riconosciuta,
facciamo un passo indietro davanti alle nostre responsabilità per paura di
perdere dei privileggi,
ci rifiutiamo di dare la nostra testimonianza per compiacere chi ci
comanda,
neghiamo alla verità il diritto di potersi affermare per convenienza,
siamo restii a prendere una decisione per non avere grattacapi,
lasciamo correre e non interveniamo per non avere fastidi.
Quel gesto pilatesco ha il sapore amaro della sconfitta della verità che si vede scavalcata
dalla falsità, è il risvolto amaro dell'io che si trincera dietro i propri interessi e non
si fa scrupolo alcuno di calpestare gli altri,
è una pugnalata inferta alla verità, unico valore che ci fa liberi,
dà il via a quel grido di dolore che attraversa la storia dell'umanità da
Adamo fino ai nostri giorni.
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“Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello
condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la
sua bocca. (Is 53, 7)
Viene spontaneo pensare al suo insegnamento e alla sua coerenza nel
viverlo: “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo,
diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed
esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno
perseguitato i profeti prima di voi”. (Mt 5, 11-12)
Quanta verità non edulcorata non c'è in questo insegnamento di Gesù, e
quanto realismo intriso di profonda amarezza non trapela da queste parole di
Gesù!
Che dire della passione alla quale Gesù si è sottoposto fino al sacrificio
cruento della croce?
Il divino maestro Gesù di Nazareth si è caricato della croce e per tutti
noi si è immolato sulla croce.
La nostra salvezza, il nostro riscatto dal peccato e dalla morte è stato
pagato da Cristo a un prezzo altissimo con la sua vita donata e sacrificata per
amore, messa al completo servizio dell'uomo.
Meditando la passione del Cristo ci è più facile comprendere le parole che
Egli ha usato per dire come deve essere il comportamento di chi decide di
mettersi alla sua sequela, di essere suo discepolo.
“Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuol venire dietro a me
rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la
propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la
troverà. Qual vantaggio infatti avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero, e
poi perderà la propria anima? O che cosa l'uomo potrà dare in cambio della propria
anima? Poiché il Figlio dell'uomo verrà nella gloria del Padre suo, con i suoi
angeli, e renderà a ciascuno secondo le sue azioni”. (Mt 16, 24-27)
Intorno a Gesà si era fatto il vuoto, anche gli apostoli si erano
dileguati, lo stesso Pietro lo segue da lontano e quando viene interrogato dfa
una serva se anche lui per caso è un discepolo di Gesù, per ben tre volte lo
rinnega.
Il Cireneo è il personaggio tra tutti quelli che stanno a guardare questo
triste corteo che si dirigge al calvario che fu costretto ad aiutare Gesù nel
portare la croce, un personaggio che dovremmo cercare di capire meglio per non
fuggire davanti alle occasioni che la vita ci presenta in cui ci è data
l'opportunità di alleviare le sofferenze di chi ci sta accanto.
Il Vangelo non dice se fece questo gesto a lui comandato con amore o lo
subì semplicemente, il dato positivo è che non fuggì, si prestò ad aiutare il
condannato Gesù.
Viene spontaneo pensare alla parabola del buon samaritano, ci fu chi guardò
quell'uomo che giaceva a terra mezzo vivo e mezzo morto e passò oltre, un
samaritano si fermò e si prese cura di lui.
Far finta di non vedere, passare oltre non può, non deve essere lo stile,
il comportamento del cristiano.
L'altro è mio fratello, l'altro è parte di me stesso, l'altro è il Cristo
che devo riconoscere presente in chi è nudo, affamato, carcerato, l'altro è Dio
che devo contemplare, servire, amare.
“Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo. Se uno dicesse: “Io amao
Dio”, e odiasse il proprio fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il
proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. Questo è il
comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello”(1Gv 4,
9-11)
Lavarsi le mani e lasciar correre, vedere chi soffre e passare oltre sono
modi di essere che fanno a pugni con il Vangelo, sconfessano Cristo, quello che
ha fatto e continua a fare per tutti noi.
Il momento tragico che stiamo vivendo a motivo del coronavirus, la
passione a cui è sottoposta parte dell'umanità, che oltre la sofferenza del
corpo subisce anche la sofferenza dello spirito che viene privato dell'affetto dei
propri cari, del conforto dei sacramenti, deve interrogarci e farci prendere
quelle decisioni eroiche che hanno caratterizzato la vita di tanti santi.
Francesco D'Assisi non ha fatto finta di non vedere, non è passato oltre,
ha abbracciato il lebbroso.
Cristo ci ricorda che non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i
malati e lui è venuto nel mondo non per i giusti, ma per i peccatori ed ha
aperto uno squarcio nel cielo dicendo che ci sarà più gioia in cielo per un
peccatore che si pente che per 99 giusti.
O Gesù,
ottienici la grazia di non fuggire davanti alla croce, aiutaci a portarla,
a farci carico della croce di chi ci sta accanto, di chi è solo, afflitto e
abbandonato.
Tu, o Gesù,
sei nel povero che sta sulla strada ad elemosinare,
sei nella prostituta che vende il suo corpo per sostenersi,
sei nell'operai che ha perso il lavoro e non sa come mandare avanti la
famiglia,
sei nel giovane sbandato che si dà alla droga,
sei nei membri di famiglie smembrate dagli odi, dai rancori, dai vili interessi
economici.
In te crocifisso dobbiamo specchiarci,
in te amore senza limiti dobbiamo trovare coraggio e forza per non
arrenderci davanti al male che incalza nel mondo,
con te compagno di cordata dobbiamo impegnarci a fare della nostra vita un
dono di amore, ad essere respiro d'amore per i nostri fratelli.
Don Raffaele Aprile