sabato 4 aprile 2020

BUONA DOMENICA CON IL COMMENTO DEL VANGELO DI DON RAFFAELE




“Quando Pilato vide che non c'era più niente da fare e che stava per scoppiare un tumulto, si fece portare una bacinella d'acqua e si lavò le mani davanti alla folla, dicendo: - Io non c'entro con la morte di quest'uomo giusto. Pensateci voi” (Mt 27, 24)
Quel gesto del lavarsi le mani arriva fino a noi con la sua carica distruttrice di negatività, di paura, di vigliaccheria, di codardia.

Pilato è in ciascuno di noi quando davanti alla verità
decidiamo di non lottare affinché questa venga riconosciuta,
facciamo un passo indietro davanti alle nostre responsabilità per paura di perdere dei privileggi,
ci rifiutiamo di dare la nostra testimonianza per compiacere chi ci comanda,
neghiamo alla verità il diritto di potersi affermare per convenienza,
siamo restii a prendere una decisione per non avere grattacapi,
lasciamo correre e non interveniamo per non avere fastidi.

Quel gesto pilatesco ha il sapore amaro della sconfitta della verità che si vede scavalcata dalla falsità, è il risvolto amaro dell'io che si trincera dietro i propri interessi e non si fa scrupolo alcuno di calpestare gli altri,
è una pugnalata inferta alla verità, unico valore che ci fa liberi,
dà il via a quel grido di dolore che attraversa la storia dell'umanità da Adamo fino ai nostri giorni.

Pilato non ascolta la propria coscienza, non ascolta il consiglio della moglie che lo mette in guardia dal prendere una decisione contraria a quel giusto che gli sta davanti, ha una sola risposta quando interroga Gesù se è veramente lui il re dei Giudei e Gesù gli risponde affermativamente, poi solo il silenzio.
“Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. (Is 53, 7)

Viene spontaneo pensare al suo insegnamento e alla sua coerenza nel viverlo: “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi”. (Mt 5, 11-12)

Quanta verità non edulcorata non c'è in questo insegnamento di Gesù, e quanto realismo intriso di profonda amarezza non trapela da queste parole di Gesù!
Che dire della passione alla quale Gesù si è sottoposto fino al sacrificio cruento della croce?
Il divino maestro Gesù di Nazareth si è caricato della croce e per tutti noi si è immolato sulla croce.
La nostra salvezza, il nostro riscatto dal peccato e dalla morte è stato pagato da Cristo a un prezzo altissimo con la sua vita donata e sacrificata per amore, messa al completo servizio dell'uomo.
Meditando la passione del Cristo ci è più facile comprendere le parole che Egli ha usato per dire come deve essere il comportamento di chi decide di mettersi alla sua sequela, di essere suo discepolo.
“Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. Qual vantaggio infatti avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima? O che cosa l'uomo potrà dare in cambio della propria anima? Poiché il Figlio dell'uomo verrà nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e renderà a ciascuno secondo le sue azioni”. (Mt 16, 24-27)
Intorno a Gesà si era fatto il vuoto, anche gli apostoli si erano dileguati, lo stesso Pietro lo segue da lontano e quando viene interrogato dfa una serva se anche lui per caso è un discepolo di Gesù, per ben tre volte lo rinnega.
Il Cireneo è il personaggio tra tutti quelli che stanno a guardare questo triste corteo che si dirigge al calvario che fu costretto ad aiutare Gesù nel portare la croce, un personaggio che dovremmo cercare di capire meglio per non fuggire davanti alle occasioni che la vita ci presenta in cui ci è data l'opportunità di alleviare le sofferenze di chi ci sta accanto.
Il Vangelo non dice se fece questo gesto a lui comandato con amore o lo subì semplicemente, il dato positivo è che non fuggì, si prestò ad aiutare il condannato Gesù.
Viene spontaneo pensare alla parabola del buon samaritano, ci fu chi guardò quell'uomo che giaceva a terra mezzo vivo e mezzo morto e passò oltre, un samaritano si fermò e si prese cura di lui.
Far finta di non vedere, passare oltre non può, non deve essere lo stile, il comportamento del cristiano.
L'altro è mio fratello, l'altro è parte di me stesso, l'altro è il Cristo che devo riconoscere presente in chi è nudo, affamato, carcerato, l'altro è Dio che devo contemplare, servire, amare.
“Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo. Se uno dicesse: “Io amao Dio”, e odiasse il proprio fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello”(1Gv 4, 9-11)

Lavarsi le mani e lasciar correre, vedere chi soffre e passare oltre sono modi di essere che fanno a pugni con il Vangelo, sconfessano Cristo, quello che ha fatto e continua a fare per tutti noi.
Il momento tragico che stiamo vivendo a motivo del coronavirus, la passione a cui è sottoposta parte dell'umanità, che oltre la sofferenza del corpo subisce anche la sofferenza dello spirito che viene privato dell'affetto dei propri cari, del conforto dei sacramenti, deve interrogarci e farci prendere quelle decisioni eroiche che hanno caratterizzato la vita di tanti santi.
Francesco D'Assisi non ha fatto finta di non vedere, non è passato oltre, ha abbracciato il lebbroso.
Cristo ci ricorda che non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati e lui è venuto nel mondo non per i giusti, ma per i peccatori ed ha aperto uno squarcio nel cielo dicendo che ci sarà più gioia in cielo per un peccatore che si pente che per 99 giusti.
O Gesù,
ottienici la grazia di non fuggire davanti alla croce, aiutaci a portarla, a farci carico della croce di chi ci sta accanto, di chi è solo, afflitto e abbandonato.


Tu, o Gesù,
sei nel povero che sta sulla strada ad elemosinare,
sei nella prostituta che vende il suo corpo per sostenersi,
sei nell'operai che ha perso il lavoro e non sa come mandare avanti la famiglia,
sei nel giovane sbandato che si dà alla droga,
sei nei membri di famiglie smembrate dagli odi, dai rancori, dai vili interessi economici.
In te crocifisso dobbiamo specchiarci,
in te amore senza limiti dobbiamo trovare coraggio e forza per non arrenderci davanti al male che incalza nel mondo,
con te compagno di cordata dobbiamo impegnarci a fare della nostra vita un dono di amore, ad essere respiro d'amore per i nostri fratelli.

Don Raffaele Aprile