sabato 25 giugno 2022

Lascia…, non volgerti indietro di .....

Don Paolo Scquizzato

 

OMELIA Corpo e Sangue di Cristo.

Lc 9, 51-62

Lascia…, non volgerti indietro…; non attaccarti, e sperimenterai il Tutto.
Un Cristo zen quello del vangelo di oggi.
Gesù invita, in tutto il Vangelo, a non cercare alcun appiglio, a non afferrare alcun concetto, perché non c’è necessità alcuna di farlo: è già tutto qui, e dentro di noi. Lo comprenderà bene Paolo il mistico quando dirà:
«In lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (At 17, 28).
Non c’è nulla cui aggrapparsi semplicemente perché non c’è bisogno di aggrapparsi a niente: ciò che cerchi è sempre stato lì, fin dall’inizio. E tu sei quello!
«Interrogato dai farisei: “Quando verrà il regno di Dio?”, Gesù rispose: “Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, o: eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo – dentro – a voi!”» (Mt 17, 20-21).
La questione è abitare questo Regno di Dio di cui siamo parte ma di cui siamo al contempo drammaticamente inconsapevoli, e che per questo viviamo in uno stato d’illusione mortale scambiando il potere, l’avere e il successo come la vera realtà e affannandoci per conseguirli.
Nel vangelo di oggi son tutti indaffarati, di corsa, in ricerca… Ma la vera Realtà comparirà quando si smetterà di cercarla, stupiti che da sempre la stavamo già abitando in quando nostra natura più profonda, il nostro vero Sè, come il contadino della storiella zen che cerca disperatamente il bue e non lo trova perché lo sta cavalcando.
Non è questione di vivere nel passato struggendosi per esso, e neppure desiderare un futuro di compimento.
Fermati e goditi il presente: lì c’è già tutto. Ad ogni passo sei a casa.
«Marta, Marta tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno» (Lc 10, 41). L’affanno, l’agitazione per afferrare il ‘centro’ della propria vita in realtà non fa che alzare la polvere e nasconderlo interamente. Occorre fermarsi, e stupirsi che la fiamma è sempre stata lì, ed è la sorgente nascosta che ci abita – l’unica cosa di cui c’è bisogno – e che rimane, rimarrà per sempre e per questo ‘nessuno potrà toglierci’.
Non si sta andando da nessuna parte perché non c’è nulla da raggiungere. La meta è la via. Il qui ed ora è il luogo dell’incontro, il Regno di Dio, e se ne potrà godere nella misura in cui si eliminerà il superfluo, come il marmo ricopre la statua che vi è all’interno.
Occorre giungere a questa verità, perché sarà l’unico modo per essere liberi, dato che ‘la verità ci renderà liberi’ (cfr. Gv 8, 32). Liberi dalla schiavitù del dovere andare, fare, pensare, affannarsi per giungere ad un fantomatico luogo dove ‘andrà tutto bene’, per poi accorgersi di essersi perduti in ‘un paese lontano dove si sperpera il proprio patrimonio, e non potendo far altro che pascolare i porci a servizio del potente di turno (cfr. Lc 15, 14).

domenica 19 giugno 2022

PROGRAMMA DELLA FESTA DEL SACRO CUORE

 

a cura di Federico Cilio
PARROCCHIA DI SIRACUSA

Don Gaetano Silluzio

21 giugno: Inizia la Fiera del Dolce

Ore 07,30 - Santa Messa trasmessa da Radio Maria

22 giugno:

Ore 18,15 - Santo Rosario

Ore 18,30 - Coroncina del Sacro Cuore

Ore 19,30 -  S. Messa con predicazione su alcune espressioni della litania del Sacro Cuore.

23 giugno :

Ore 08,30 - Esposizione del SS Sacramento fino alle ore 12,00 con adorazione dei singoli fedeli e dei gruppi parrocchiali.

Ore 18,15 - S. Rosario

Ore 18,30 - coroncina del Sacro Cuore

Ore 19,00 - Santa Messa con predicazione su alcune espressioni della litania del Sacro Cuore.

24 giugno:

Ore 18,15 - Santo Rosario

Ore 18,30 . Coroncina del Sacro Cuore

Ore 19,00 - Santa Messa con predicazione su alcune espressioni della litania del Sacro Cuore.

GIORNATA MONDIALE della santificazione sacerdotale.

Sarà presente in Parrocchia mons. Sebastiano Amenta, Vicario Generale dell'Arcidiocesi di Siracusa

sabato 18 giugno 2022

IL CORPO DEL SIGNORE di don P. Scqizzato

 

Don Paolo Squizzato

OMELIA Corpo e Sangue di Cristo. Anno C

«Il Corpo del Signore non lo dobbiamo pensare negli schemi sacrali. Ricordate le processioni con gli ostensori e gli incensi? Di quel pane che deve essere un pane a tavola noi abbiamo fatto un idolo. È l’astuzia dell’uomo! Quando l’uomo fa di un santo una realtà da adorare, se ne è già liberato. Adorare significa metterla fuori. Messa fuori, viviamo più tranquilli nella nostra malvagità» (E. Balducci).

Gesù, nel deserto della storia vede e si prende cura di un’umanità dolorante invitando ciascuno dei suoi a fare altrettanto, rivelando così la logica disarmante che la propria fame si estingue facendosi pane per gli altri. Infatti qui Gesù non invita a dare cose, denari o ad impetrare il Cielo per compiere la sazietà dell’altro, bensì a donare sé stessi: «Voi stessi date loro da mangiare», ossia ‘datevi in cibo a questa umanità affamata’ (v. 13a). E nell’attimo stesso in cui si vive questa logica del dono di sé, il deserto comincia a fiorire (cfr. Is 32, 15). Infatti nel Vangelo di Giovanni, passo parallelo al nostro, si afferma come in quel luogo ci fosse “molta erba” (Gv 6, 10b)
e Marco aggiunge come quell’erba fosse ‘verde’ (Mc 6, 39). Un luogo con molta erba verde, richiama un giardino, e il Giardino nella Bibbia è sinonimo di paradiso. Insomma: il condividere, il prendersi cura della vita dell’altro fa fiorire il proprio deserto esistenziale e trasforma questo nostro mondo incolto, in un qualcosa dal sapere di paradiso.
Prima di farsi ostia, Dio s’è fatto carne, e quindi ogni carne.
Va da sé che maltrattare un essere umano significa profanare il medesimo Corpo di Cristo, il Dio-con-noi, e in- noi.
Va da sé che i veri e più preziosi tabernacoli saranno i corpi martoriati dei poveri, le carni consunte dei profughi, degli esclusi, degli allontanati e degli abbandonati.
Adorare e venerare un’ostia consacrata e poi calpestarla, denigrarla e rigettarla nel fratello può dirsi ancora cristianesimo?

sabato 4 giugno 2022

FARE APPELLO ALLO SPIRITO SANTO di ...

 

Don Paolo Scquizzato

OMELIA Solennità di Pentecoste. Anno C

 Gv 14, 15-16.23b-26

«Fare appello allo Spirito Santo vuol dire fare appello alla libertà della coscienza perché la punta alta della coscienza è la punta alta su cui batte il raggio dello Spirito. Per questo lo zelo delle istituzioni è nel coprire tutte le punte perché non appena la coscienza si illumina si scompagina un ordine esistente e il futuro irrompe. Ecco perché le istituzioni sacre hanno perseguitato i profeti; esse li hanno temuti, a cominciare da Gesù» (Ernesto Balducci).

Ogni istituzione, religiosa o laica che sia, ha sempre temuto che le persone agissero ‘secondo coscienza’, prediligendo persone mute, obbedienti ed allineate all’autorità costituita, zittendo le voci del dissenso, contrarie al ‘è bene così’ o del ‘s’è sempre fatto così’.

Ogni sistema di potere, dai tempi della Torre di Babele ha auspicato che i propri sudditi parlassero tutti la medesima lingua – quella del ‘capo’ – nella speranza che poi agissero anche nel medesimo modo.
Lo Spirito di Dio – insegna Gesù – deve soffiare sempre più forte, dove vuole, scombinando le carte e facendo sì che ciascuno parli finalmente la propria lingua, e agisca secondo coscienza.


È interessante notare come nel vangelo Gesù guarisca numerose persone mute. Mi piace pensare che siano state quelle zittite perché non allineate e obbedienti all’establishment di turno. Zittite chissà da quando da genitori, educatori, superiori perché ritenute non interessanti, banali, fuori luogo, inadeguate. Gesù quando parlava con le persone deve aver avuto la meravigliosa capacità di infondere in tutte loro la fiducia di poter aprire finalmente bocca, di convincerle a parlare perché anche loro avevano qualcosa di bello, di interessante e di unico da dire.

Lo Spirito di Dio soffia, sempre, e comunque, indipendente da chi detiene il potere. E crea unità in un’umanità formata da genti diverse, religioni diverse, esperienze diverse in quanto ciascuno è portatore di verità, di bellezza e fecondità, non fosse altro perché unico e irripetibile.
Il nostro compito di cristiani non è far sì che le varie ‘lingue’ delle donne e degli uomini del nostro tempo riconoscano il primato della nostra di lingua –ritenuta vera e indefettibile – ma far di tutto perché ogni diversità venga affermata e difesa affinché un’umanità più umana possa edificarsi, fondata sulla logica della pace, della cura e della condivisione.