domenica 11 febbraio 2024

VIVENZA DI UN CORSISTA DELLA DIOCESI DI S.M. DI LEUCA

 


"GRAZIE a S. PADRE PIO"

Vivenza condivisa da Antonio Scanderebech



Tempo fa prestavo servizio come poliziotto penitenziario nel reparto di alta sicurezza del carcere di San Vittore a Milano, dove erano reclusi coloro che appartenevano alle brigate rosse.

Prima di entrare nel reparto detentivo, noi poliziotti eravamo soliti andare nella cappella del carcere, dove, davanti al Tabernacolo, affidavamo al Signore il lavoro da svolgere perché ci aiutasse nelle difficoltà che si sarebbero sicuramente verificate nella giornata.

Un giorno il comandante mi convocò nel suo ufficio con un mio collega e caro amico per comunicarci che il Questore di Milano avvertiva che i suoi uomini avevano trovato, in un covo di brigatisti, alcune nostre foto ed alcuni appunti dai quali si desumeva che i detenuti volevano ammazzarci perché, a loro giudizio, eravamo “servi dello Stato”.

Ovviamente sia io che il mio amico, dopo aver appreso questa notizia, forti anche della fede in Dio, ci facemmo coraggio l’un l’altro senza farci intimidire.




Scuola responsabili





Tuttavia, la mattina del 18 settembre 1981, il mio collega andando al lavoro, si accorse di essere seguito da una macchina. Subito dopo un’altra auto affiancò la sua, bloccandogli la strada.

Sicuramente egli capì subito che era giunta la sua fine perché senza dargli scampo, iniziarono a sparare raffiche di mitra contro di lui facendolo morire all’istante e fuggendo da quel luogo a tutta birra.

Dovevo esserci anch’io nell’auto con il mio collega ma non fu così a causa di un semplice cambio di turno di servizio.

Da quel momento la mia mente venne invasa da mille pensieri negativi. Lo sguardo del mio amico mi ritornava sempre nella mente. Ero giunto al punto che volevo suicidarmi.



Conclusione di una Ultreya davanti il Santissimo.





Nella mia inquietudine, venne a farmi visita ed a rassicurarmi un Santo, che poi è diventato un mio caro amico e guida. Infatti, una notte, sognai un frate che mi metteva la mano in testa e mi esortava ad essere forte perché tutto si sarebbe sistemato: quel frate era San Padre Pio.

Dopo alcuni giorni, come per incanto, fui trasferito al carcere di Foggia ed iniziai una nuova vita sul posto di lavoro. Anche in famiglia ritornò tanta serenità.

Poi capii che fu proprio San Padre Pio ad assistermi gratuitamente per non trovarmi nella sparatoria; fu lui a darmi il coraggio per non cadere nella depressione; fu lui che guidò il mio trasferimento, ed è ancora lui che mi assiste con la sua intercessione e la sua amicizia ad essere sempre disponibile verso i fratelli ad accettare, con umiltà, la volontà di Dio.

Un cursillista della diocesi di S.M. di Leuca

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