Don Paolo Squizzato
OMELIA V domenica del Tempo Ordinario. Anno A
Mt 5,13-16
Il sale nell’antichità veniva posto come antisettico e antidolorifico sulle ferite.
Il profeta Isaia scrive: «Se tu dividerai il pane con l’affamato, introdurrai in
casa i miseri, i senza tetto, vestirai uno che vedi nudo, allora la tua ferita si
rimarginerà presto» (Is 58, 8).
Interessante: la cura dell’altro, il risollevarlo dal fango e dal non senso, guarisce le nostre ferite. Chi di noi non si porta dentro piaghe esistenziali, magari inferteci dall’infanzia o provocateci da amori sbagliati, delusioni, e tanto dolore arrecato e subìto? Ebbene, il vangelo di oggi ci indica la strada per poter rimarginare queste ferite: il sale – il balsamo dell’amore – versato sulle ferite dell’altro, rimargina le nostre.
in una storia dove tutto è insipido, scialbo e triste. Senza idealismi però, perché
sappiamo bene che l’amore per l’altro alla fine ci brucerà dentro, proprio come
«Voi siete la luce del mondo» (v. 14). È ancora Isaia a ricordarci cosa vuol dire,
concretamente, essere luce del mondo. «Se toglierai di mezzo a te
l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se offrirai il pane
all’affamato, se sazierai chi è digiuno, allora brillerà fra le tenebre la tua luce,
la tua tenebra sarà come il meriggio» (vv. 9-10).
Saremo luminosi, solo se cominceremo ad illuminare gli altri. Se non lo
facciamo, ci spegniamo anche noi.
Il bene fatto all’altro alimenta la nostra lampada.
Nella Chiesa primitiva, i battezzati venivano chiamati gli ‘illuminati’, perché
impregnati di Cristo, la luce. Ebbene, siamo stati ‘illuminati’ solo per far uscire
dal buio i fratelli.
Una vita nell’oscurità dell’egoismo, giocata sotto un secchio (moggio nel
vangelo) è destinata a spegnersi. Una vita consumata nell’ombra, nel
nascondimento del proprio vivere quieto, incentrato su di sé, alla fine si
spegnerà nell’insignificanza.
Gesù mostra che la vita che illumina il mondo intero e dà sapore alla storia è
quella che è in grado di amare sino alla fine, quella in grado di salire su quel
candelabro che è la croce (v. 15).
Una vita che è ‘venuta alla luce’, ma che poi non s’alimenta dell’olio dell’amore
facendo così luce a tutti coloro che stanno intorno, si spegnerà presto,
divenendo morta anche se detta vivente.
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