Mentre ci avviamo alla conclusione dell'anno liturgico, la Chiesa ci invita a guardare alla conclusione della storia umana per poter comprendere il valore di tutto il cammino storico. L'approdo della storia
è l'incontro con Cristo, è il suo ritorno glorioso, è la « parusìa ». Più che la fine, ci viene
rivelato il fine della storia : Cristo, << Colui che viene », dà senso a tutta la vita dell'uomo e a tutta la storia del mondo.
rivelato il fine della storia : Cristo, << Colui che viene », dà senso a tutta la vita dell'uomo e a tutta la storia del mondo.
« Riunirà
isuoi eletti dai quattro venti » (Mc 13,27)
Il discorso « escatologico », che riguarda cioè le ultime realtà, non ha la finalità di atterrire ma, al contrario, di in fondere fiducia e coraggio: il ritorno
del Figlio dell'uomo è una venuta di salvezza per i credenti. « Ed li manderà gli angeli e riunirà i suoi eletti dai
quattro venti, dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo ». Sarà la nostra piena « comunione » con
Cristo e con i fratelli.
Allora, la fine è l 'adempimento della salvezza: il giudizio di Dio segna il trionfo del bene, della verità, della giustizia. Noi non dobbiamo considerare l'evento finale in un'ottica
« cronologica », quasi
una scadenza,
ma i n una
visione « teologica », come
il
« tempo di Dio ».
Anche il testo di Daniele ha un messaggio di speranza da comunicare: nel lin,guaggio «apocalittico », germogliato in un contesto di sofferenza e di persecuzione, intende offrire una rivelazione (=apocalisse) dell'esito finale di questa storia: si prefigge, pertanto, di consolare,
confortare e rafforzare i giusti. «
ln quel tempo sarà salvato il tuo popolo ».
« Risplenderanno come le stelle » (Dn 12,3)
L'ultima venuta di Cristo sarà una venuta gloriosa: << Allora vedranno i l Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria ». La sua Risurrezione si manifesterà in tutto il
suo splendore nella parusìa: verrà Cristo risorto, pienamente e definitivamente vincitore del male e della morte.
Per contrasto, secondo il linguaggio tipico del
genere letterario apocalittico, la fine ci viene presentata come una implosione creativa, quasi l'inverso della creazione, l 'opposto
del sorgere della l uce: « li sole si oscurerà
e la l una non darà più il suo splendore ».
ln
realtà si tratta della
fine
di
un
mondo fatto di
ingiustizia, d i sopraffazione, di dolore e di
morte. Più
che la
fine
del mondo, è la fine d i un mondo iniquo e l'inizi o di « nuovi cieli e una terra n uova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia » (2 Pt3,13). E' lo splendore
della giustizia:
« i saggi risplenderanno
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come lo splendore del firmamento... come le stelle per sempre». Tutto
è precario, tutto tramonta. Ma c'è una luce che splenderà per sempre:
la Parola del Signore. « 11 ciclo e la terra passeranno, ma le mi e parole
non passe ranno ». Noi, assetati di eterno, se ci lasciamo
il luminare dalla
parola del Signore, risplenderann o per
sempre « come le stelle».
« Egli è vicino,
alle porte » (Mc 13,29)
Nel suo discorso escatologico Gesù non vuole indulgere alla curiosità (« Quanto poi a quel giorno o a quell'ora, nessuno li conosce »), ma i n vece intende sollecitarci ad assumere
un atteggiamento d i vigi le attesa. Attesa che si fa speranza. Attesa che si fa invocazione. Come i primi
cristiani, noi preghiamo:
« Vieni, Signore Gesù! »
(Ap 22,20). E nel cuore
della celebrazione
eucaristica diciamo al Signore come si svolge la nostra vita: « nell'attesa del la tua venuta ».
La differenza fra l'ateo e il cristiano
è questa: l'ateo attende la morte come fine di tutto,
attende il nulla; il cristiano attende l'incontro con Cristo. Gli atei sono coloro « che non hanno speranza » (1 Ts 4,13). l. cristiani sono coloro che vivono nel'attesa
che si compia la beata speranza e venga il nostro Salvatore Gesù Cristo
».
La nostra non è un'attesa pigra e inerte,
ma è un'attesa operosa e impegnata. Un'attesa
consapevole e incarnata
nella storia: un'attesa che sa cogliere
e leggere i « segni
dei tempi », che
sa riconoscere i segni della vicinanza del Signore: « egli é vicino, alle porte ». Un'attesa trepida e amorosa,
come quella descritta dal Cantico dei cantici:
l'amata vibra nel suo cuore al rumore dei passi dell'amante che è alla porta. « Il mio cuore veglia / Un rumore! È il mio diletto che bussa » (Ct 5,2).
l I Signore è alla porta del nostro cuore:
« Ecco, sto alla porta e busso » (Ap 3,20).
Mons Giuseppe Greco