sabato 17 novembre 2018

XXXIII Domenica del Tempo Ordinario a cura di mons. Geco


« NELL'ATTESA DELLA TUA VENUTA »

Mentre ci avviamo alla conclusione dell'anno liturgico, la Chiesa ci invita a guardare alla conclusione della storia umana per poter comprendere il valore di tutto il cammino storico. L'approdo della storia è l'incontro con Cristo, è il suo ritorno glorioso, è la « parusìa ». Più che la fine, ci viene
rivelato il fine della storia : Cristo, << Colui che viene », senso a tutta la vita dell'uomo e a  tutta la storia del  mondo.

« Riunirà isuoi eletti dai quattro venti » (Mc 13,27)


Il discorso « escatologico », che riguarda ci le ultime realtà, non ha la finali di atterrire ma, al contrario, di in fondere fiducia e coraggio: il ritorno del Figlio dell'uomo è una venuta di salvezza per i  credenti. « Ed li manderà gli angeli e riuni i suoi eletti  dai  quattro venti, dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo ». Sarà la nostra  piena « comunione » con  Cristo e con  i fratelli.
Allora, la fine è l 'adempimento della salvezza: il giudizio di Dio segna il trionfo del bene, della verità, della giustizia. Noi non dobbiamo considerare l'evento finale in un'ottica « cronologica », quasi  una  scadenza,  ma  i n   una  visione  « teologica »,  come  il « tempo di  Dio ».
Anche il testo di Daniele  ha un messaggio di speranza da  comunicare: nel lin,guaggio «apocalittico », germogliato  in un contesto di sofferenza e di persecuzione, intende offrire una  rivelazione (=apocalisse) dell'esito  finale di questa storia: si prefigge, pertanto, di consolare, confortare e rafforzare i giusti. « ln quel tempo sarà salvato il tuo popolo ».

« Risplenderanno  come le stelle » (Dn 12,3)


L'ultima venuta di Cristo sarà una venuta gloriosa: << Allora vedranno i l Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria ». La sua Risurrezione si manifeste in tutto il suo splendore nella parusìa: ver Cristo risorto, pienamente e definitivamente vincitore del male e della morte.
Per contrasto, secondo il linguaggio tipico del  genere  letterario apocalittico, la fine ci viene presentata come una implosione creativa, quasi l'inverso della creazione, l 'opposto del  sorgere della l uce: « li sole si oscurerà e la l una non darà  più  il  suo splendore ».  ln  real  si  tratta  della  fine  di  un  mondo  fatto  di ingiustizia, d i  sopraffazione, di  dolore e di  morte. Più  che la  fine del mondo, è la fine d i un  mondo iniquo e l'inizi o di « nuovi cieli e una terra n uova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia » (2 Pt3,13). E' lo  splendore  della  giustizia:  « i  saggi  risplenderanno
come lo splendore del  firmamento... come le stelle per sempre». Tutto
è precario, tutto tramonta. Ma c'è una luce che splende per sempre:
la Parola del Signore. « 11 ciclo e la terra passeranno, ma le mi e parole
 non  passe ranno ». Noi, assetati  di eterno, se ci lasciamo  il luminare  dalla
parola  del  Signore, risplenderann o  per  sempre  « come  le  stelle».

« Egli è vicino, alle porte » (Mc 13,29)


Nel suo discorso escatologico Gesù non vuole indulgere alla curiosità Quanto poi a quel giorno o a quell'ora, nessuno li conosce »), ma i n vece intende sollecitarci ad assumere un atteggiamento d i vigi le attesa. Attesa che si fa speranza. Attesa che si fa invocazione. Come i primi cristiani, noi preghiamo: « Vieni, Signore  Gesù! »  (Ap 22,20).  E  nel  cuore  della  celebrazione  eucaristica diciamo al Signore come si svolge la nostra vita: « nell'attesa del la tua venuta ».
La differenza fra l'ateo e il cristiano è questa: l'ateo attende la morte come fine di tutto, attende il nulla; il cristiano attende l'incontro con Cristo. Gli atei sono coloro « che non hanno speranza » (1 Ts 4,13). l. cristiani sono coloro che vivono nel'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro Salvatore Gesù  Cristo ».
La nostra non è un'attesa pigra e inerte, ma è un'attesa operosa e impegnata. Un'attesa consapevole e incarnata nella storia: un'attesa che sa cogliere e leggere i « segni dei tempi », che sa riconoscere i segni della vicinanza del Signore: « egli é vicino, alle porte ». Un'attesa trepida e amorosa, come quella descritta dal Cantico dei cantici: l'amata vibra nel suo cuore al rumore dei passi dell'amante che è alla porta. « Il mio cuore veglia / Un rumore! È il mio diletto che bussa » (Ct 5,2). l I Signore è alla porta del nostro cuore: « Ecco, sto alla porta e busso » (Ap 3,20).

Mons Giuseppe Greco