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DONARE LA PROPRIA VITA
« Divorano le case delle vedove » (Mc 12,40)
Gesù ci mette in guardia contro il fariseismo.
C'è una cultura dell'« apparire» che ha il sopravvento sull'« essere ». Oggi come ieri, forse ancora più di ieri: viviamo nella civiltà
dell'« immagi ne ».
La vita fondata sull'apparenza
si traduce nella frenesia di protagonismo: « Amano avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti ». Protagonismo nella Chiesa (« nelle sinagoghe») come nella società (« nei banchetti »).
si traduce nella frenesia di protagonismo: « Amano avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti ». Protagonismo nella Chiesa (« nelle sinagoghe») come nella società (« nei banchetti »).
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Gesù ci invi ta a vigilare (« Guardatevi ») perché
il « lievito » farisaico può far fermentare la pasta circostante. C'è il rischio che questa mentalità si diffonda.
Esiste il fascino contagioso
di una vita che assicura prestigio,ricchezza,potere.
« Fece come
aveva detto Elia » (1 Re 17,15 )
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«contano » si contrappongono coloro che non hanno alcun prestigio agli occhi degli uomini: due donne, vedove e povere.
Ma proprio queste due vedove hanno tanto da insegnare a tutti. Ai falsi maestri d'Israele si contrappongo no queste due
donne che veramente seggono sulla cattedra di Mosè.
La vedova di Zarepta,
nel donare a Elia l'ultimo « pugno di farina » e l'ultimo << po' di olio », che aveva
conservato per la sopravvivenza sua e del figlio,
ci insegna soprattutto due cose.
Anzitutto
« fece come aveva detto
Elia ». Elia è il profeta, e per mezzo di lui parla Dio. La Parola
di Dio rende capaci di donare. Il dono di sé è suscitato dall'ascolto della
Parola.
In secondo
luogo, dopo questo
dono, « la farina della
giara non venne meno e l'orcio
dell'olio non diminuì ». La pienezza interiore cresce
donandosi.
« Vi ha messo tutto
quanto aveva per vivere » (Mc 12,44)
Gesù, che osserva nel Tempio le laute offerte dei ricchi e la povera offerta di una vedova, rivoluziona il concetto di « molto » e di « poco» esaminando il rapporto tra ciò che è posseduto
e ciò che è offerto: il molto offerto
dai ricchi è poco rispetto al poco offerto dalla vedova che, << nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva ». Il molto offerto
dai ricchi non scalfisce la loro vita. Invece la vedova dà « tutto guanto aveva per vivere ». Al di sopra della categoria del « molto
» e del << poco» c'è la dimensione del << tutto ». È il dono dell'avere e ii dono dell'essere. E l'offerta
amorosa a Dio della propria
vita. Questa
vedova è figura di Cristo,
il quale dona la sua vita per amore. Per questo noi sentiamo il bisogno di pregare « perché tutti impariamo a donare sull'esempio di Colui che ha donato se stesso » (Colletta
anno B).
In
questa descrizione evangelica c'è una parola emblematica, che definisce
il senso della fede: è il verbo
« gettare ». « La folla gettava monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano molte».
« Una povera vedova vi gettò due spiccioli ».Il Verbo « gettare», nel testo originale, si ripete per ben sette volte in pochissime righe. La vedova, gettando
nel tesoro del Tempio « tutto quanto aveva per vivere », in questo gesto di fede, « getta » la propria vita in Dio, scommette
se stessa puntando
tutto su Dio. Ella ha scoperto che esiste un tesoro per cui vale la pena investire tutto se stessi. Così
attua la parola del Siracide: << Gettiamoci nelle braccia del Signore
» (Sir 2,18).
Infine, una
considerazione conclusiva: la scena evangelica
si svolge nel Tempio. Il Tempio è la presenza di Dio. Ma noi sappiamo che il vero Tempio
di Dio è Cristo. La scommessa della nostra
fede è quella di «gettare » la nostra
vita in Cristo.
Mons. G. Greco