OMELIA XVI domenica del Tempo Ordinario. Anno A
Mt 13, 24-43
“Ricevete senza lamentarvi /
collaborate con il destino” dice un’antica sentenza.
La zizzania esiste e si mescola col
grano. Il male c’è, lo facciamo e lo subiamo. È dentro e fuori di noi.
Ma in fondo, cos’è il male? Forse
qualcosa di necessario? O è male ciò che in qualche modo tocca il mio io, i
miei progetti, le mie aspettative, ciò che si mette di traverso al mio
desiderio di realizzazione?
“Lasciate che la zizzania cresca col grano” dice Gesù.
La vita è una. Accoglila tutta, non
a pezzi.
Amati tutta/o non a pezzi.
Accogli la vita per come accade,
non come vorresti accadesse. “Ducunt volentem fata, nolentem trahunt” – diceva
Seneca. Il fato se lo accogli ti conduce dolcemente, ma se ti opponi, ti
trascina comunque con sé con forza.
Se c’impuntiamo a dirigere la vita
in una certa direzione creiamo solo resistenza, e ci affatichiamo invano. Non è
questione di capitolare dinanzi a una tremenda predestinazione, quanto di
continuare ad agire, ma dentro la cornice delle circostanze, fare né più né
meno che quello che le circostanze consentono di fare.
Tutto è Uno e noi in questo Uno siamo povertà in via di compimento. Fragili e perfettibili. Terra impastata di cielo. Paradiso infernale.
Il cristianesimo non è l’esperienza di coloro che ce la fanno, ma esperire un Amore di cui siamo impastati.
«Bisogna accettare tutto, ogni
cosa, senza eccezione alcuna, in sé e fuori di sé, in tutto l’universo, con lo
stesso grado di amore; ma il male in quanto male, il bene in quanto bene». (S.
Weil, Cahiers, II)
Nessun commento:
Posta un commento