mercoledì 2 febbraio 2022

LE CATECHESI DI DON A. SARACENO

 La Preghiera del discepolo (Lc 11,1-13)A cura di don Angelo Saraceno

Gesù dà l’esempio che suscita il problema che non è esattamente se pregare ma come pregare. “Quando pregate dite”- l’imperativo dite non indica che si tratta di una formula fissa da tramandare con fedeltà letteraria. Si tratta invece di un semplice modello di preghiera Cristiana. Nella preghiera non sono le parole che contano neppure quando si tratta della parola di Gesù. La preghiera è espressione di dipendenza, di povertà e le parole non hanno mai un senso magico, come invece pensano i pagani( Mt 6,7-8) 

“Padre”- Luca indica che la preghiera del discepolo ha lo stesso tono e la stessa confidenza di quella di Gesù. L’invocazione ”Padre”- prima di ogni altro aggettivo è infatti tipica sulle labbra di Gesù: esprime la sua filiazione (22,42; 23,34-46) Il discepolo deve pregare in unione a Cristo, in qualità di figlio. E sta in questo nuovo rapporto l’originalità cristiana (Galati 4,6; Romani 8,15). 

“Sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno” Il verbo è al passivo e secondo l’uso ebraico ciò significa che il protagonista è Dio, non l’uomo. La santificazione del nome è opera di Dio, non conquista dell’uomo. La preghiera è semplicemente un atteggiamento che fa spazio all’azione di Dio, una disponibilità. L’espressione “santificare il nome” alla luce dell’A.T. (Cfr. Ezechiele 36,22-29) non indica un riconoscimento generico di Dio e tanto meno una lode fatta semplicemente di culto e di parole, bensì un permettere a Dio di svelare , nella storia della salvezza e nella vita della comunità, il suo volto. In sostanza il discepolo prega perché la comunità diventi involucro trasparente che lascia scorgere la presenza di Dio.

 “Venga il tuo regno” è la vittoria definitiva sul male, sulla divisione, sul disordine e sulla morte ed esige la nostra convinzione. Il discepolo chiede e aspetta tutto questo: egli attende il Regno come dono ed insieme chiede il coraggio di costruirlo. 

“Dacci ogni giorno il pane quotidiano” “Dacci” il verbo è all’imperativo presente ed indica un’azione ripetuta, giorno per giorno, come è appunto sottolineato da ciò che segue. 2 Pane quotidiano? Il pane necessario? Il senso è comunque chiaro: Il pane della nostra giornata, il sufficiente (Cfr. Il dono della manna Es. 16,19-21 e la preghiera dell’antico saggio Proverbi 30,7-9)

“La quarta domanda chiede il perdono dei peccati” Perdono al prossimo (anche i debiti oltre le offese morali) . Il perdono di Dio precede, il nostro si modella sul suo e ne è una conseguenza, una risposta.

“Non abbandonarci alla tentazione” Non è Dio che ci conduce alle tentazioni, ma solo, semmai, le permette. 

Ma quali tentazioni? In Luca l’uso del termine orienta in tre direzioni. 1. La tentazione di Gesù nel deserto (4,1-11) che secondo Luca è il tipo delle tentazioni della Chiesa. È la tentazione messianica: svolgere il proprio compito messianico secondo la Parola di Dio (e cioè in una prospettiva di Servizio e accettando la debolezza della croce) oppure cercando sicurezza nella potenza degli uomini? 2. È la tentazione che la comunità dei credenti incontrerà nel tempo della passione e della persecuzione, del dubbio e del tradimento ( Cfr.22,28). Gesù ha pregato perché i discepoli non abbiano a soccombere: ma è necessario, a differenza di Pietro, che il discepolo non presuma di se. 3. È tutto ciò che può appesantire il cuore del discepolo così che la Parola viene in esso soffocata: tentazioni sono le prove quotidiane che, alla lunga, logorano il coraggio iniziale (8,13-14). Il discepolo chiede di essere liberato da tutto questo. Non chiede in fondo di essere esente dalla tentazione: chiede di essere aiutato a superarla.  

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