di don Paolo Squizzato
Mt 17, 1-9
Dove conduce un cammino eminentemente umano? Ad essere divini. Gesù è stato l’uomo talmente umano da fare esperienza di sé come Dio: ‘Io e il Padre siamo una cosa sola’ (Gv 10, 30).
Occorre ‘rinascere dall’alto’ (Gv 3, 3), continuamente. Venuti alla luce, diventare umani. Sebbene alcuno abbia potuto decidere di venire alla vita, non è possibile vivere da uomini senza decidere di esserlo. Sì, occorre decidere di ‘rinascere’, ad ogni istante: pena, rimanere semplici ghiande, benché all’interno vi sia la quercia che avremmo potuto essere.
Gesù è l’uomo che attraverso la morte del sé, ha potuto costatare questa
metamorfosi, la trasformazione dell’essere conducendolo di fatto alla croce –
ultima stazione dell’amore – e quindi alla pienezza dell’umano.
La vittoria sull’io e sul ‘mio’ è il terreno dove la vita può fiorire. Questo cammino di pienezza, di compimento, di metamorfosi spetta ora a ciascuno di noi. Siamo bruchi chiamati a volare come farfalle, previa la morte del sé. Ma attenzione: non è data ‘trasfigurazione’ per chi vive nella distrazione: «L’immortalità è assenza di distrazione» (dalla tradizione indù).
Se intraprendiamo questa via della consapevolezza di ciò che possiamo
essere e viviamo radicati nell’amore, lentamente, senza accorgercene, divenute
persone umane complete – trasfigurate – ci ritroveremo a vincere anche l’ultimo
ostacolo che ci si parerà dinanzi, la morte.
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