OMELIA V domenica di Pasqua.
di Don Paolo Squizzato
Gv 14, 1-12
Portiamo dentro l’intima esigenza che la vita non s’esaurisca in una manciata d’anni, e reclamiamo nel profondo che le persone che amiamo debbano essere eterne, e che la malattia e la morte non siano l’ultima parola sul vivere. Nutriamo insomma la speranza di vivere per sempre.
Gesù ci rassicura dicendoci: ‘non sia turbato il vostro cuore’. Non smettete di credere a tutto questo, a ciò che il vostro cuore intuisce, perché ‘il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce’ (Pascal).
Gesù dice che
un ‘cammino’ esiste per giungere alla verità di sé, e in ultima analisi alla
felicità. È quello che lui stesso ha incarnato nella sua vita terrena. La via
del bene, della cura, della compassione. L’amore fa abitare spazi d’infinito,
di ricreazione, di trasfigurazione.
Chi ama
giungerà ad ‘indiarsi’ (Dante, Paradiso, IV 28), ovvero a divinizzarsi, nella
consapevolezza d’essere sempre più la propria medesima sostanza: la divinità.
La strada, la
via, il cammino perché questo possa compiersi è ancora Gesù a mostrarcelo:
quello della piena umanità. Gesù è stato l’uomo così eminentemente umano che ha
lasciato trasparire in lui il divino, tanto da poter affermare ‘chi vede me
vede il Padre’. Nel lento cammino d’umanizzazione, il diamante che siamo
diverrà capace di lasciarsi attraversare dalla Luce, per giungere ad essere
solo Luce.
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