OMELIA V domenica di Quaresima. Anno C
Gv 8, 1-11
Da una parte i puri e duri, tutti dalla parte di Dio, dall’altra Gesù di Nazaret tutto dalla parte dell’uomo. Per i primi Dio è somma giustizia. Quello che è giusto è giusto dice il testo sacro: «Se uno commette adulterio con la moglie del suo prossimo, l’adultero e l’adultera dovranno esser messi a morte» (Lv 20, 10). Dall’altra Gesù, per il quale nulla può venire prima dell’uomo, tanto meno il dio professato dai religiosi, perché il suo è il Dio dei vivi e non dei morti (cfr. Mt 22, 32).
Una Legge, un testo sacro, una tradizione che in nome di Dio provoca anche solo minimamente sofferenza all’essere vivente (ogni essere vivente) può essere solo frutto di menti malate e quindi partorito da una volontà malvagia: «Invano essi mi rendono culto – dice Gesù – insegnando dottrine che sono precetti di uomini» (Mt 15, 9).
Gesù dinanzi a questa donna, «piccolo animale braccato, paralizzata da quegli uomini che l’hanno strappata dal letto dell’amante» (Françoise Dolto), sta in silenzio. Non giudica, perché l’Amore non giudica nessuno (cfr. Gv 5, 22).
Gesù invita a chiederci dinanzi a questo ‘animale braccato’ – simbolo di tutti i colpevoli della storia –: «Ma cosa ne sai di questa creatura? Cosa ne sai del suo mondo interiore, dei suoi sogni, dei suoi desideri profondi?». Merita la morte una donna costretta a sposarsi a dodici tredici anni non per amore ma solo per soddisfare gli interessi economici della famiglia di origine? Merita la morte una donna il cui unico desiderio è la felicità e il compimento del proprio cuore?
Merita di morire dentro, chi ha fallito una relazione, chi s’è sbagliato sul proprio partner, sulla vita, sull’amore?
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