DIARIO
DELL'ORATORIO 5 !!
Ci si può
"liberare" di una paura?! Si può avere il "coraggio" di
accettare e superare positivamente qualcosa che è andato storto?! Sì!! Sabato
ne abbiamo parlato all'Oratorio, prendendo spunto dalla storia di Francesco, il
personaggio guida di quest'anno, e leggendo un altro episodio della vicenda di
Mosè. BUONA LETTURA!!
..e
complimenti sempre ai nostri piccoli artisti che trasformano in disegni e
scritte coloratissime le nostre riflessioni! BRAVI!!
«Alzati,
pigrone! Stamattina ci aspetta un bel giro in bici!!», gli aveva strillato
entusiasta il suo papà. Ma Francesco non ne voleva proprio sapere di alzarsi
dal letto e, soprattutto, di andare in bici. Era un sabato mattina e, come ogni
sabato, Francesco non aveva scuola: non desiderava altro che dormire un po' di
più!! E poi a Francesco non piaceva andare in bici. Anzi, a dirla tutta,
Francesco aveva proprio paura di salire su una bici, da quando, un pomeriggio,
era caduto e si era quasi rotto un braccio. Ma il suo papà insisteva perché
Francesco riuscisse a LIBERARSI di quella paura. Doveva fidarsi del suo papà, è
vero. Ma Francesco sapeva bene che serviva anche tirar fuori un po' di CORAGGIO
per superare, una volta per tutte, quella difficoltà. Così, ancora un po'
assonnato, si alzò dal letto, deciso a mettercela davvero tutta stavolta.
Quando arrivarono alla pista ciclabile trovarono proprio tanta gente. C'era un
sole bellissimo, non c'era per nulla freddo e sembrava quasi una mattina di
primavera e non un sabato di gennaio. La paura di Francesco, però, aumentava
sempre di più: adesso, non solo aveva paura di farsi male, ma pure di fare una
figuraccia e magari di essere preso in giro, cadendo davanti a tutte quelle
persone. Ma il suo papà era lì, accanto a lui, con un sorriso che valeva più di
mille incoraggiamenti. La bici era pronta. Francesco fece un bel respiro e
montò su. Alle prime pedalate traballò un po', sembrava quasi che stesse per
perdere l'equilibrio, ma subito diede una sterzata che lo fece andare spedito.
Ce l'aveva fatta!! Si era affidato al suo papà, aveva dato prova del suo
coraggio e si era finalmente liberato di quella paura. Come si sentiva leggero
adesso!! E dopo quella lunga pedalata, si sdraiò sotto un albero e riprese a
leggere il suo libro. Chissà come andava avanti la storia di Mosè?!
...
Diventato adulto, accadde a Mosè un fatto insolito. Mentre, nel deserto, stava
pascolando il gregge di suo suocero, Mosè vide un cespuglio in fiamme: il
cespuglio bruciava, ma non si consumava.
«Voglio
avvicinarmi ad osservare come mai» disse con stupore Mosè. Quando si fu
avvicinato, sentì una voce provenire dalle fiamme:
«Mosè,
Mosè!»
«Eccomi!»
«Non
avvicinarti oltre. Togliti i sandali, perché il luogo dove ti trovi è terra
santa. Io sono il Signore, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe. Ho
visto le sventure del mio popolo schiavo in Egitto e ho scelto te per
liberarlo. Ti recherai dal Faraone a dirgli di liberare il mio popolo e
lasciarlo partire».
«Chi sono
mai io, Signore, perché il Faraone mi dia retta?»
«Io sarò
con te» lo assicurò il Signore.
E Mosè si
avviò verso l'Egitto, per compiere la difficile missione che Dio gli aveva
affidato. Mosè annunciò al Faraone, che non voleva lasciar partire gli Ebrei,
che gli servivano come schiavi per costruire le sue città, i molti castighi che
Dio gli avrebbe mandato. I castighi, le famose "piaghe d'Egitto",
puntualmente si verificarono: l'acqua di tutto l'Egitto fu cambiata in sangue,
il paese fu invaso dalle rane, dalle zanzare, dai mosconi, molti animali
morirono, gli Egiziani furono colpiti da ulcere, i campi furono devastati prima
dalla grandine e poi dalle cavallette, e per tre giorni tutto il paese d'Egitto
fu immerso nel buio. Ad ogni castigo, il Faraone mandava a chiamare Mosè e gli
prometteva che avrebbe lasciato partire il popolo d'Israele, ma, appena il
castigo terminava, cambiava idea. Allora il Signore annunciò la piaga più
grave: la morte di ogni figlio primogenito degli Egiziani, dal figlio del
Faraone al figlio dell'ultimo servo. Così accadde: nella notte annunciata,
morirono tutti i primogeniti degli Egiziani, mentre nessuno fu colpito del
popolo d'Israele. I primogeniti degli Ebrei si salvarono, perché il Signore
aveva ordinato al suo popolo di segnare le porte delle proprie case con il
sangue di un agnello. L'agnello poi doveva essere arrostito al fuoco e mangiato
in fretta, insieme con erbe amare, in piedi, con il bastone in mano, pronti
tutti a partire perché il Faraone stava per dare il permesso. Quella cena fu
detta Pasqua, parola che vuol dire "passaggio": il "passaggio"
del Signore che, vedendo il segno del sangue dell'agnello sulle porte delle
case, aveva risparmiato dalla morte i suoi amici; ma anche il
"passaggio" che il Signore aveva fatto compiere al popolo d'Israele
dalla schiavitù dell'Egitto alla libertà nella terra promessa. E infatti,
appena consumata la Pasqua, il popolo di Dio lasciò definitivamente l'Egitto e
si avviò, con l'aiuto di Dio e sotto la guida di Mosè, verso la sua nuova
patria. Il Faraone aveva dato agli Ebrei il permesso di partire, ma, ben
presto, se ne pentì, e allora si lanciò al loro inseguimento, per riportarli
indietro. Li raggiunse in prossimità del Mar Rosso. Mosè e i suoi si trovavano
in una situazione drammatica: il mare davanti e l'esercito del Faraone alle
spalle. Tutto sembrava perduto, quando Dio intervenne con uno dei suoi più
strepitosi prodigi. Per tutta la notte il Signore Dio fece soffiare un forte
vento che sospinse le onde, e il mare si aprì, creando un passaggio per il
popolo d'Israele, che poté camminare sicuro e a piedi asciutti fino a raggiungere
la sponda opposta. I carri del Faraone si lanciarono all'inseguimento lungo lo
stesso passaggio, ma mentre lo stavano percorrendo le acque tornarono al loro
posto, travolgendo gli inseguitori. Gli Ebrei furono salvi, e tutti insieme
ringraziarono il Signore.