venerdì 8 gennaio 2016

DIARIO DELL'ORATORIO 5

 DIARIO DELL'ORATORIO 5 !!
Ci si può "liberare" di una paura?! Si può avere il "coraggio" di accettare e superare positivamente qualcosa che è andato storto?! Sì!! Sabato ne abbiamo parlato all'Oratorio, prendendo spunto dalla storia di Francesco, il personaggio guida di quest'anno, e leggendo un altro episodio della vicenda di Mosè. BUONA LETTURA!!
..e complimenti sempre ai nostri piccoli artisti che trasformano in disegni e scritte coloratissime le nostre riflessioni! BRAVI!!

«Alzati, pigrone! Stamattina ci aspetta un bel giro in bici!!», gli aveva strillato entusiasta il suo papà. Ma Francesco non ne voleva proprio sapere di alzarsi dal letto e, soprattutto, di andare in bici. Era un sabato mattina e, come ogni sabato, Francesco non aveva scuola: non desiderava altro che dormire un po' di più!! E poi a Francesco non piaceva andare in bici. Anzi, a dirla tutta, Francesco aveva proprio paura di salire su una bici, da quando, un pomeriggio, era caduto e si era quasi rotto un braccio. Ma il suo papà insisteva perché Francesco riuscisse a LIBERARSI di quella paura. Doveva fidarsi del suo papà, è vero. Ma Francesco sapeva bene che serviva anche tirar fuori un po' di CORAGGIO per superare, una volta per tutte, quella difficoltà. Così, ancora un po' assonnato, si alzò dal letto, deciso a mettercela davvero tutta stavolta. Quando arrivarono alla pista ciclabile trovarono proprio tanta gente. C'era un sole bellissimo, non c'era per nulla freddo e sembrava quasi una mattina di primavera e non un sabato di gennaio. La paura di Francesco, però, aumentava sempre di più: adesso, non solo aveva paura di farsi male, ma pure di fare una figuraccia e magari di essere preso in giro, cadendo davanti a tutte quelle persone. Ma il suo papà era lì, accanto a lui, con un sorriso che valeva più di mille incoraggiamenti. La bici era pronta. Francesco fece un bel respiro e montò su. Alle prime pedalate traballò un po', sembrava quasi che stesse per perdere l'equilibrio, ma subito diede una sterzata che lo fece andare spedito. Ce l'aveva fatta!! Si era affidato al suo papà, aveva dato prova del suo coraggio e si era finalmente liberato di quella paura. Come si sentiva leggero adesso!! E dopo quella lunga pedalata, si sdraiò sotto un albero e riprese a leggere il suo libro. Chissà come andava avanti la storia di Mosè?!

... Diventato adulto, accadde a Mosè un fatto insolito. Mentre, nel deserto, stava pascolando il gregge di suo suocero, Mosè vide un cespuglio in fiamme: il cespuglio bruciava, ma non si consumava.
«Voglio avvicinarmi ad osservare come mai» disse con stupore Mosè. Quando si fu avvicinato, sentì una voce provenire dalle fiamme:
«Mosè, Mosè!»
«Eccomi!»
«Non avvicinarti oltre. Togliti i sandali, perché il luogo dove ti trovi è terra santa. Io sono il Signore, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe. Ho visto le sventure del mio popolo schiavo in Egitto e ho scelto te per liberarlo. Ti recherai dal Faraone a dirgli di liberare il mio popolo e lasciarlo partire».
«Chi sono mai io, Signore, perché il Faraone mi dia retta?»
«Io sarò con te» lo assicurò il Signore.
E Mosè si avviò verso l'Egitto, per compiere la difficile missione che Dio gli aveva affidato. Mosè annunciò al Faraone, che non voleva lasciar partire gli Ebrei, che gli servivano come schiavi per costruire le sue città, i molti castighi che Dio gli avrebbe mandato. I castighi, le famose "piaghe d'Egitto", puntualmente si verificarono: l'acqua di tutto l'Egitto fu cambiata in sangue, il paese fu invaso dalle rane, dalle zanzare, dai mosconi, molti animali morirono, gli Egiziani furono colpiti da ulcere, i campi furono devastati prima dalla grandine e poi dalle cavallette, e per tre giorni tutto il paese d'Egitto fu immerso nel buio. Ad ogni castigo, il Faraone mandava a chiamare Mosè e gli prometteva che avrebbe lasciato partire il popolo d'Israele, ma, appena il castigo terminava, cambiava idea. Allora il Signore annunciò la piaga più grave: la morte di ogni figlio primogenito degli Egiziani, dal figlio del Faraone al figlio dell'ultimo servo. Così accadde: nella notte annunciata, morirono tutti i primogeniti degli Egiziani, mentre nessuno fu colpito del popolo d'Israele. I primogeniti degli Ebrei si salvarono, perché il Signore aveva ordinato al suo popolo di segnare le porte delle proprie case con il sangue di un agnello. L'agnello poi doveva essere arrostito al fuoco e mangiato in fretta, insieme con erbe amare, in piedi, con il bastone in mano, pronti tutti a partire perché il Faraone stava per dare il permesso. Quella cena fu detta Pasqua, parola che vuol dire "passaggio": il "passaggio" del Signore che, vedendo il segno del sangue dell'agnello sulle porte delle case, aveva risparmiato dalla morte i suoi amici; ma anche il "passaggio" che il Signore aveva fatto compiere al popolo d'Israele dalla schiavitù dell'Egitto alla libertà nella terra promessa. E infatti, appena consumata la Pasqua, il popolo di Dio lasciò definitivamente l'Egitto e si avviò, con l'aiuto di Dio e sotto la guida di Mosè, verso la sua nuova patria. Il Faraone aveva dato agli Ebrei il permesso di partire, ma, ben presto, se ne pentì, e allora si lanciò al loro inseguimento, per riportarli indietro. Li raggiunse in prossimità del Mar Rosso. Mosè e i suoi si trovavano in una situazione drammatica: il mare davanti e l'esercito del Faraone alle spalle. Tutto sembrava perduto, quando Dio intervenne con uno dei suoi più strepitosi prodigi. Per tutta la notte il Signore Dio fece soffiare un forte vento che sospinse le onde, e il mare si aprì, creando un passaggio per il popolo d'Israele, che poté camminare sicuro e a piedi asciutti fino a raggiungere la sponda opposta. I carri del Faraone si lanciarono all'inseguimento lungo lo stesso passaggio, ma mentre lo stavano percorrendo le acque tornarono al loro posto, travolgendo gli inseguitori. Gli Ebrei furono salvi, e tutti insieme ringraziarono il Signore.